sabato 20 novembre 2010

La depurazione delle acque reflue in sistemi semi-naturali

Le crescenti esigenze della società moderna determinano un aumento costante nella richiesta di acqua, tanto che le fonti che ora assicurano il rifornimento idrico, fra breve non basteranno più. Si dovranno allora reperire nuovi giacimenti di acqua fossile o costruire enormi impianti di dissalazione dell’acqua marina, entrambe soluzioni dai pesanti oneri ambientali ed economici. Oppure, in alternativa, affidarsi al riciclaggio delle acque di scarico (“acque reflue” o “reflui”).

La raccolta e lo smaltimento delle acque reflue venivano sporadicamente attuati già nell’antichità, come testimoniano le fognature dell’agorà di Atene o la cloaca maxima della Roma imperiale, ma la prima valutazione sistematica del problema risale alla seconda metà del XIX secolo, quando il microbiologo Koch mise in luce come l’acqua infetta fosse uno dei principali veicoli di malattie. Da allora le acque di scarico non vennero più lasciate ristagnare in pozze putride, bensì smaltite sistematicamente verso i fiumi tramite imponenti reti fognarie. Ciò portò in breve all’inquinamento dei corpi idrici.
Inquinamento che col tempo è divenuto sempre più preoccupante, specie con l’avvento dell’industria che, oltre ad immettere composti sintetici recalcitranti alla degradazione naturale, ha aumentato notevolnte la richiesta d’acqua. In Italia le esigenze industriali sono arrivate ad incidere per circa un terzo sul prelievo complessivo d’acqua (Ghetti, 1993).



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